E ora serve un bel “vaffa” di Zingaretti a Di Maio

Farsi imbottigliare dalle stupidaggini del M5s, che continua a guardare verso destra, è un errore fatale. Meglio mandarli al diavolo domani, anzi ieri.

La cronaca politica propone due domande: ma che cosa vogliono Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista? Ovvero vogliono qualcosa? L’unica cosa chiara è che i due baciati in fronte da Beppe Grillo hanno il terrore di finire male.

Per loro finire male significa uscire dall’orbita reale, per l’uno, potenziale per l’altro, del governo. E oggi l’orbita del governo ruota attorno a Salvini-Meloni.

L’altra paura è che hanno la matematica certezza che se non fanno ammuina il loro movimento arriva alle elezioni “sminchiato”, quindi con pochi voti e probabilmente senza quelli che potrebbero eleggere l’uno e l’altro o l’uno o l’altro.

DI MAIO E DI BATTISTA CONTINUANO A GUARDARE A DESTRA

Era sembrato, nelle scorse settimane, che Beppe Grillo riuscisse a portare i pentastellati fuori dall’attrazione pericolosa della destra. Grillo aveva addirittura immaginato di progettare cose in comune con il Pd. Di Maio e Di Battista, e forse Casaleggio, hanno detto di “sì”, ma si sono mossi lungo la strada opposta. Nessuno di noi sa se Matteo Salvini e soprattutto la sua temibile competitrice Giorgia Meloni vorranno aggregare questi due giovani cadaveri della politica nel governo che faranno dopo le elezioni, tuttavia Di Maio e Di Battista, fedeli figli di cotanti padri di destra, cercano da quelle parti la soluzione che li porti ad una più che dignitosa sopravvivenza economica.

Quando cadrà il governo Conte sarà chiaro che la coppia destrorsa del M5s sarà davanti all’uscio di Salvini a chiedere un posto

Il dramma dei cinque stelle, nati sulla base di una cultura che definimmo populista, di decrescita felice, di guerra alla democrazia rappresentativa, è che oggi sono il nulla assoluto. Da quelle parti ci sono solo “no”, sulle cose che capiscono, e ancora “no” su quelle che non capiscono. E tutto ciò accade mentre gran parte del loro elettorato è scappato e altro andrà via quando cadrà il governo Conte e sarà chiaro che la coppia destrorsa del M5s sarà davanti all’uscio di Salvini a chiedere un posto, una sistemazione, una cosa per campare. Sta arrivando il momento in cui la voracità della destra riuscirà a cancellare l’episodio grillino.

LA SINISTRA DEVE MOLLARE IL M5S PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI

Chi di noi analizzò il fenomeno dei cinque stelle non in base alla composizione sociale ma in relazione alla cultura che esprimevano e alla direzione di marcia che avevano preso, non sono sorpresi né dalla svolta a destra né dalla loro prossima fine. Questo non vorrà dire che il sistema politico si sistemerà. La pattuglia grillina nel prossimo parlamento, a meno che non vengano fatti fuori Di Maio e i suoi e che Di Battista vaghi a fare niente per il mondo, sarà il più massiccio episodio di ascarismo parlamentare. «Accattataville».

Manifestazione delle Sardine in Piazza Duomo a Milano.

Salvini dovrà far digerire ai suoi il ritorno dei traditori, per giunta statalisti. La Meloni non li ha mai sopportati. Resta la sinistra che tarda a comprendere che farsi imbottigliare dalle stupidaggini di Di Maio e Salvini su un fondo salva Stati che quei due conoscevano e che, lo vogliano o no, ci sarà, è un errore, meglio mandarli al diavolo domani, anzi ieri. Perché l’unica campagna elettorale che si può fare richiede di rubare alle sardine il tema della civiltà politica e alla destra “sovranista e antitaliana” la questione dell’onore della patria che la destra attuale vorrebbe nuovamente serva di una potenza straniera.

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Nel M5s Di Battista in soccorso di Di Maio contro il Mes

Dopo il gelo con Conte, il capo politico grillino rialza la testa: «Si firma tutto il pacchetto del Salva-Stati. Saremo noi a decidere se e come passa». E Dibba approva sui social. Ma il Pd: «Non è un governo monocolore». Salvini: «Trattato non emendabile, da bloccare».

Nel day after sul Mes Luigi Di Maio ha provato a rialzare la testa. Dopo l’informativa alle Camere, il gelo col premier Giuseppe Conte e il clima da separati in casa nel governo, con lo spauracchio della crisi che riaffiora costantemente, il capo politico del Movimento 5 stelle è intervenuto su Facebook: «Conte ha detto che tutti i ministri sapevano di questo fondo. Sapevamo che il Mes era arrivato a un punto della sua riforma, ma sapevamo che era all’interno di un pacchetto, che prevede anche la riforma dell’unione bancaria e l’assicurazione sui depositi. Per il M5s queste tre cose vanno insieme e non si può firmare solo una cosa alla volta».

DI BATTISTA: «COSÌ NON CONVIENE ALL’ITALIA»

Col ministro degli Esteri si è schierato anche un altro “big” grillino, Alessandro Di Battista, lui che è stato “accusato” di voler spostare il M5s verso destra proprio assieme a Di Maio. E in un commento social Dibba ha appoggiato la linea del capo: «Concordo. Così non conviene all’Italia. Punto».

DI MAIO: «SIAMO L’AGO DELLA BILANCIA»

Di Maio tra le altre cose ha spiegato che «il M5s dice che c’è una riforma in corso, prendiamoci del tempo per fare delle modifiche che non rendano questo fondo un pericolo. Siamo al governo. Questo significa che abbiamo la possibilità, ma anche la responsabilità, di agire per migliorare le cose». E infine: «Il M5s continua a essere ago della bilancia. Decideremo noi come e se dovrà passare questa riforma del Mes».

MA IL PD LO FRENA: «NON È UN GOVERNO MONOCOLORE»

Non ha proprio la stessa idea degli equilibri di maggioranza il capogruppo del Partito democratico al Senato, Andrea Marcucci. Che intervistato da La Stampa sui pericoli di rottura ha detto: «Inutile ignorare i rischi, io però scommetto sul buon senso». E con Di Maio cosa sta accadendo? «Avute le necessarie spiegazioni dal premier sull’iter del provvedimento, si ravveda. Se non lo facesse, sarebbe chiamato a trarne le conseguenze sulla vita del governo», ha risposto Marcucci, ricordando che «il M5s non è alla guida di un monocolore, questo è un governo di coalizione, dove le posizioni di tutta la maggioranza devono essere tenute in considerazione».

SALVINI: «DA BRUXELLES DICONO CHE IL TRATTATO È CHIUSO»

Dal centrodestra Matteo Salvini ha tenuto la sua linea parlando da Bruxelles: «La nostra posizione è quella dei cinque stelle, il trattato così come è non è accettabile, va visito, ridiscusso, ridisegnato, emendato, che è l’esatto contrario di quello che arrivava da Bruxelles dicendo il pacchetto è chiuso. Mi sembra che il premier abbia diversi problemi, non lo invidio».

Siamo contro le modifiche, dal nostro punto di vista il trattato sul Mes non è emendabile, è da bloccare e punto


Matteo Salvini

Poi ha chiuso ulterioremente ogni margine di trattativa: «Noi non abbiamo cambiato posizione rispetto a sette anni fa, eravamo contro allora e siamo contro le modifiche oggi, dal nostro punto di vista il trattato sul Mes non è emendabile, è da bloccare e punto. Quando parlavo di emendabilità riportavo le parole del vice capogruppo dei cinque stelle Silvestri che esprimeva tutti i suoi dubbi alla Camera. Per noi è una esperienza chiusa, che non è utile né modificare né ripetere».

«NESSUNO MI HA MOSTRATO IL TESTO CON LE MODIFICHE»

Prima, su Rai Radio1 a Radio anch’io, aveva detto: «Stiamo parlando di un trattato che coinvolge 124 miliardi di euro degli italiani con delle regole di distribuzione e di prestito a decenni che in questo momento andrebbero ad avvantaggiare il sistema economico e bancario tedesco. Nessuno mi ha mai fatto vedere il testo delle modifiche di questo trattato. Io non ho mai letto il testo ed è grazie a noi che ne stiamo parlando altrimenti Conte e Gualtieri non sarebbero mai venuti in Aula. Il parlamento deve poter intervenire su quel testo».

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Di Maio e Di Battista non vanno a destra, sono di destra

Per Repubblica i due leader pentastellati stanno riportando il Movimento vicino ai sovranisti. La verità è che sono politici senza arte né parte in cerca di sopravvivenza.

Repubblica annuncia che Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista «riportano a destra il M5s». Ohibò! Siamo di fronte a un evento epocale e inaspettato! Vediamo come possiamo reggere l’effetto d’annuncio di questa rivelazione. Possiamo sopportare il peso e il dolore di questa notizia solo facendo solo affidamento su alcuni dati della realtà.

Il primo è che Di Maio e Di Battista “sono” di destra. Lo sono per tradizione familiare. Di Battista ha il papà più fascista che ci sia in giro, non è una colpa, semmai è divertente leggere le sue dichiarazioni che fanno apparire Alessandra Mussolini una radical chic. Il secondo è che Di Maio e Di Battista senza Matteo Salvini non sarebbero diventati l’uno vice-primo ministro, l’altro l’eterna promessa dei pentastellati con viaggi pagati per scrivere reportage fra i più buffi dell’editoria mondiale.

Terzo perché il mare di cazzate che i due riescono a dire nel corso di una stessa giornata si regge solo se è diretto verso una base talmente arrabbiata e di destra da non badare a quello che i capi dicono, facendosi bastare i loro improperi. Quarto perché i due ragazzi hanno famiglia, Di Battista ha addirittura un figlio, e pensano all’avvenire e come tanti, pure i giornalisti clintoniani, hanno in mente che, per sopravvivere, bisogna patteggiare anzitempo con il vincitore annunciato, cioè quel genio di Matteo Salvini (prosit).

L’ELETTORATO DI DESTRA DEL M5S È GIÀ PASSATO ALLA LEGA

Vanno a destra? Sono di destra. Il loro problema è la somma di più inciampi che troveranno sulla strada. Il primo è che l’elettorato di destra del M5s se ne è già andato. Se non ci fosse Beppe Grillo a salvarlo, Di Maio starebbe già per strada con una busta di plastica in attesa del ritorno dall’Iran di Di Battista.

Salvini ha una politica di accoglienza dei rottami dell’establishment che è l’opposto di quella che usa verso i poveri migranti

Il secondo è che Salvini ha una politica di accoglienza dei rottami dell’establishment che è l’opposto di quella che usa verso i poveri migranti: cioè prende tutto, non bada alla loro storia, alla fedina penale, alla caratura elettorale. Però persino per il leader della Lega è difficile imbarcare questi due personaggi che nel momento cruciale della sua vita politica, approfittando di una sua sbornia estiva, l’hanno scaricato come una escort.

Il contratto di governo tra M5s e Lega che diede vita al governo Conte 1 (foto Claudio Furlan/LaPresse).

Il terzo è che l’elettorato leghista profondo non va molto per il sottile e si becca tutto in vista della vittoria che porterà alla famosa presa del potere, ma Di Maio e Di Battista sono i rappresentanti di quello Stato spendaccione e anti-industriale che ai padroncini del Veneto e della Lombardia fanno venire il sangue alla testa.

DI MAIO E DI BATTISTA DIVENTERANNO PERSONAGGI DA ROTOCALCO

La conclusione di queste considerazioni è che la notizia non c’è, ma ha fatto bene l’erede di Ezio Mauro (quanto ci manchi!) a darla. Per una ragione. La sinistra deve cercare, visto che si è imbarcata nell’avventura del Conte 2, di trarre più sangue dalle rape di questo governo, ma deve soprattutto armarsi per il futuro, per rendere onorevole la sconfitta e prepararsi, nei mesi successivi a un governo di destra che Salvini porterà rapidamente al crollo, a ereditare il consenso di delusi e di chi con i nuovi movimenti sposterà la pubblica opinione civile italiana.

Senza Grillo Di Maio e Di Battista sono due poveri disgraziati in cerca di sopravvivenza.

Di Maio e Di Battista sono stati inventati da Grillo. Senza Grillo sono due poveri disgraziati in cerca di sopravvivenza. Già li vedo gli articoli dei rotocalchi su di loro, fra qualche anno, quando con foto e pezzi di colore racconteranno le miserie di due che erano arrivati al successo e l’hanno sprecato.

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