Le famiglie italiane sono sempre più piccole

Il 33% dei nuclei è ormai composto da una sola persona. Negli ultimi 20 anni l'aumento è di oltre 10 punti percentuali. Nascite al minimo storico e aspettativa di vita media più lunga. Gli ultimi dati demografici Istat.

Le famiglie italiane si moltiplicano, ma sono sempre più piccole. Perché molti giovani che vanno a vivere da soli lo fanno senza un partner e senza fare figli.

Secondo gli ultimi dati Istat, i nuclei familiari sono 25 milioni e 700 mila. Il numero medio di componenti è passato da 2,7 (periodo 1997-1998) a 2,3 (periodo 2017-2018), soprattutto per l’aumento dei single che in 20 anni sono cresciuti di oltre 10 punti, dal 21,5% al 33%, pari ormai a un terzo del totale.

Il 2018, inoltre, ha segnato un nuovo minimo storico delle nascite dall’Unità d’Italia: appena 439.747. Il numero dei decessi, al contrario, è diminuito e ha raggiunto quota 633.133.

Allo stesso tempo continua a crescere l’aspettativa di vita media alla nascita, che si attesta su 80,8 anni per i maschi e 85,2 per le femmine. L’Italia, in altre parole, «è uno dei Paesi più vecchi al mondo, con 173,1 persone con 65 anni e oltre ogni cento persone con meno di 15 anni al primo gennaio 2019».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Per l’Istat in Italia ci sono almeno 2 milioni di giovani in sofferenza

Secondo il rapporto "Benessere equo e sostenibile" nel nostro Paese ci sono milioni di giovani che soffrono privazioni nelle dimensioni del benessere, come lavoro, salute o istruzione.

Sono quasi due milioni i giovani tra i 18 e i 34 anni in condizioni di sofferenza, ovvero a cui mancano due o più dimensioni del benessere (dalla salute al lavoro, dalla sfera sociale a quella territoriale, passando per l’istruzione). È quanto è emerso da rapporto Istat sul Benessere equo e sostenibile (Bes). Quella che l’Istituto chiama la “multi-deprivazione” è più alta, si sottolinea, «tra i giovani adulti di 25-34 anni e nel Mezzogiorno».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Nel 2018 calano i migranti in arrivo, boom di italiani all’estero

I dati dell'Istat smentiscono l'invasione dal continente africano. Per la prima volta da quattro anni calano gli arrivi. Crescono invece gli expat: in 10 anni oltre 800 mila persone hanno lasciato l'Italia.

Immigrati per la prima volta in calo in Italia (-17% l’anno scorso quelli provenienti dall’Africa), mentre aumentano (+1,9%) invece i connazionali che si trasferiscono all’estero alla ricerca di un lavoro. Nel solo 2018 sono stati 117mila, cifra che fa lievitare a 816mila gli espatriati nell’ultimo decennio. È il quadro, per certi aspetti sorprendente, che emerge dal report dell’Istat sulle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente relativo al 2018.

SEGNO MENO SUI FLUSSI DALL’ESTERO

Le iscrizioni anagrafiche dall’estero (immigrazioni) sono state circa 332 mila, per la prima volta in calo rispetto all’anno precedente (-3,2%) dopo i costanti incrementi registrati tra 2014 e 2017. Più di cinque su sei riguardano cittadini stranieri (286 mila, -5,2%). In particolare sono in netta diminuzione,anche se restano consistenti le immigrazioni provenienti dal continente africano, soprattutto da Nigeria (18 mila, -24%), Senegal (9 mila, -20 %), Gambia (6 mila, -30%), Costa d’Avorio (5 mila, -27%) e Ghana (5 mila, -25%) che durante il 2017 avevano fatto registrare aumenti record. Con la Lombardia che resta la regione più ospitale: è infatti la meta di un immigrato su 5.

BOOM DI EXPAT DALL’ITALIA

L’esercito di italiani che fa le valige verso l’estero è composto soprattutto di giovani (l’età media è sui 30 anni, 2 su 3 hanno tra i 20 e i 49 anni) e qualificati: quasi 3 su 4 hanno un livello di istruzione medio-alto e in cifre è pari a circa 182mila il numero dei laureati che negli ultimi 10 anni hanno fatto le valigie. La destinazione preferita è il Regno Unito e la regione in assoluto con più partenze è la Lombardia. Ma è soprattutto il Sud a essere depauperato di risorse umane preziose, anche a vantaggio delle regioni del Centro-Nord: solo l’anno scorso ha perso oltre 16mila laureati, oltre la metà (8.500) provenivano da Sicilia e Campania.

REGNO UNITO, GERMANIA E FRANCIA DESTINAZIONI TOP

Secondo i dati, nel 2018 sono state 157mila (+1,25 nel 2017) le cancellazioni dall’anagrafe e quasi 3 su 4 hanno riguardato emigrati italiani. A spiegare la ripresa dell’emigrazione sono le difficoltà del mercato del lavoro in Italia , soprattutto per giovani e donne, ma anche il mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese , proprio delle generazioni nate e cresciute nell’epoca della globalizzazione, che spinge i giovani più qualificati a investire con maggior facilità il proprio talento nei paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione. E se è il Regno Unito ad accogliere la maggioranza degli italiani che vanno all’estero (21 mila), fanno la loro parte anche Germania (18 mila), Francia (circa 14 mila), Svizzera (quasi 10 mila) e Spagna (7 mila). Mentre tra i paesi extra-europei, le principali mete di destinazione degli emigrati italiani sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada (nel complesso 18 mila).

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

I dati dell’Istat sui redditi delle famiglie e le disuguaglianze nel 2017

Crescita positiva sia in termini nominali (+2,6%) che in potere d'acquisto (+1,2%), ma permangono forti disuguaglianze Nord-Sud. E i numeri pre crisi restano ancora lontani: -8,8% rispetto al 2007.

Nel 2017 il reddito netto medio delle famiglie italiane (31.393 euro annui) è cresciuto ancora sia in termini nominali (+2,6%) sia come potere d’acquisto (+1,2%). La rilevazione è arrivata dall’Istat che ha spiegato però come «la disuguaglianza non si riduca» e che il reddito totale delle famiglie più abbienti «continua a essere più di sei volte quello delle famiglie più povere».

Diminuisce la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (dal 28,9% al 27,3%) per una minore incidenza di situazioni di grave deprivazione materiale. Resta ferma al 20,3% quota di individui a rischio povertà.

Per i residenti nel Mezzogiorno la disuguaglianza reddituale è più accentuata con il 20% più ricco della popolazione che riceve un ammontare di reddito, inclusivo degli affitti figurativi, pari a 5,7 volte quello della fascia più povera. Il dato più basso si registra nel Nord-est (4 volte), seguito dal Nord-ovest (4,5) e dal Centro (4,8).

REDDITO ANCORA SOTTO L’8,8% DEL 2007

Secondo i dati dell’istituto nazionale di statistica nonostante la crescita registrata nel 2017, la contrazione complessiva dei redditi rispetto al 2007, anno precedente la crisi economica, resta ancora notevole, con una perdita in termini reali pari in media all’8,8% per il reddito familiare. Nel Mezzogiorno il livello di reddito medio è più basso dell’11,9%, nel Centro dell’11%, del 6,7% nel Nord-ovest e del 6% nel Nord-est. La diminuzione dei redditi familiari in termini reali è più alta per le famiglie più numerose mentre è decisamente più contenuta per le famiglie con due componenti (-1,8%).

CALANO I REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE

Diminuiscono i redditi da lavoro dipendente mentre salgono tutti gli altri: l’andamento del reddito familiare nel corso del 2017 ha mostrato una dinamica differenziata per tipo di fonte: mentre i redditi da lavoro autonomo e i redditi da pensione e/o trasferimenti pubblici sono cresciuti rispettivamente del 3,1% e del 2%, i redditi da lavoro dipendente sono diminuiti dello 0,5% con la prima contrazione dal 2013. I redditi da capitale, ha segnalato l’Istituto di statistica, sono aumentati del 4,4% grazie all’incremento degli affitti figurativi. Se si guarda però al dato rispetto al 2007, anno che ha preceduto la crisi economica, la perdita complessiva resta decisamente più ampia per i redditi familiari da lavoro autonomo (-20% in termini reali) rispetto ai redditi da lavoro dipendente (-11,4%) e ai redditi da pensione e trasferimenti pubblici (-1,5%). I redditi da capitale mostrano una perdita complessiva del 14,3% interamente attribuibile alla dinamica negativa degli affitti figurativi (-18% in termini reali dal 2007).

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Gli odiosi pregiudizi degli italiani sulla violenza sessuale contro le donne

Il 23,9% pensa che possano essere loro a provocare lo stupro con il modo di vestire. E il 10,3% ritiene che spesso le accuse siano false. Gli stereotipi da abbattere fotografati dall'Istat.

Pregiudizi odiosi e stereotipi pericolosi, da smontare pezzo dopo pezzo. Secondo l’Istat, per il 6,2% degli italiani le “donne serie” non vengono violentate.

Il 39,3% ritiene che una donna sia in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. E il 23,9% – cioè quasi una persona su quattro – pensa che possano essere loro a provocare lo stupro con il modo di vestire, mentre il 15,1% è convinto che una donna che subisce violenza quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe sia almeno in parte responsabile.

I dati – sconcertanti – sono contenuti nel report “Gli stereotipi sui ruoli di genere e l’immagine sociale della violenza sessuale”, diffuso dall’istituto di statistica in occasione della Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

LEGGI ANCHE: Violenza sulle donne, quei segnali d’allarme tra gli adolescenti

Come se non bastasse, per il 10,3% della popolazione italiana spesso le accuse di violenza sessuale sono false, dato che sale al 12,7% tra gli uomini e scende al 7,9% tra le stesse donne. Il 7,2% è convinto che di fronte a una proposta sessuale le donne spesso dicono di no, ma in realtà intendono sì. Infine, l’1,9% ritiene che non si tratti di violenza se un uomo obbliga la moglie o la compagna ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà.

Se poi si parla di conciliazione tra lavoro e famiglia, secondo il 32% degli intervistati «per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro»; per il 31,5% «gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche»; per il 27,9% «è l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia». Mentre per l’8,8% «spetta all’uomo prendere le decisioni più importanti riguardanti la famiglia».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Sorpresa: in Italia i matrimoni sono in crescita

Nel 2018 sono state celebrate 195.778 nozze, quasi 4.500 in più rispetto all'anno precedente (+2,3%). L'età media continua ad alzarsi.

Strano ma vero, in Italia secondo l’Istat i matrimoni sono in crescita. Le nozze celebrate nel 2018 sono state infatti 195.778, circa 4.500 in più rispetto al 2017, con un incremento del 2,3%.

Ma prosegue la tendenza a sposarsi sempre più tardi. Attualmente gli uomini al primo matrimonio hanno in media 33,7 anni e le donne 31,5. Rispettivamente 1,6 e 2,1 anni in più rispetto al 2008.

Le seconde nozze o successive, dopo una fase di crescita rilevata negli ultimi anni dovuta anche all’introduzione del divorzio breve, rimangono invece stabili. L’incidenza sul totale dei matrimoni raggiunge il 19,9%.

Per quanto riguarda invece le unioni civili, le coppie dello stesso sesso che nel 2019 hanno deciso di registrarsi sono state 2.808. Confermata la prevalenza maschile (64,2%) e del Nord-Ovest come area geografica (37,2%).

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Sorpresa: in Italia i matrimoni sono in crescita

Nel 2018 sono state celebrate 195.778 nozze, quasi 4.500 in più rispetto all'anno precedente (+2,3%). L'età media continua ad alzarsi.

Strano ma vero, in Italia secondo l’Istat i matrimoni sono in crescita. Le nozze celebrate nel 2018 sono state infatti 195.778, circa 4.500 in più rispetto al 2017, con un incremento del 2,3%.

Ma prosegue la tendenza a sposarsi sempre più tardi. Attualmente gli uomini al primo matrimonio hanno in media 33,7 anni e le donne 31,5. Rispettivamente 1,6 e 2,1 anni in più rispetto al 2008.

Le seconde nozze o successive, dopo una fase di crescita rilevata negli ultimi anni dovuta anche all’introduzione del divorzio breve, rimangono invece stabili. L’incidenza sul totale dei matrimoni raggiunge il 19,9%.

Per quanto riguarda invece le unioni civili, le coppie dello stesso sesso che nel 2019 hanno deciso di registrarsi sono state 2.808. Confermata la prevalenza maschile (64,2%) e del Nord-Ovest come area geografica (37,2%).

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it