La riforma del Mes e l’unione bancaria viste da Berlino

Scholz, vice di Merkel, ha un piano soft per assicurare i risparmi nell’Ue. Anche attraverso il fondo Salva-Stati. Ma restano le resistenze della Bundesbank. E, sullo sfondo, aleggia la crisi della Grande Coalizione. L'analisi.

L’Italia è il secondo Paese con il debito pubblico più alto dell‘Eurozona dopo la Grecia. Ma è anche la terza potenza dell’area dopo la Germania e la Francia.

Su questa contrapposizione si basa la dialettica tra il ministro delle Finanze italiano Roberto Gualtieri e l’omologo tedesco Olaf Scholz. Appendice della battaglia che sta portando avanti il nostro Paese per strappare più concessioni possibili sul Fondo salva-Stati Ue (il Meccanismo europeo di stabilità, Mes), come parte della riforma complessiva dell’Unione economica e monetaria per un’unione bancaria tra i gli Stati membri.

Il premier Giuseppe Conte c’è, la cancelliera Angela Merkel all’apparenza molto meno. Preferisce stare dietro le quinte, disposta molto più di anni fa a sostanziali compromessi. Ma solo se costretta e soprattutto senza darlo a vedere, per non scatenare un vespaio.

IL SILENZIO DI MERKEL

In un mese Merkel non si è espressa sulla proposta di unione bancaria del suo ministro e vice socialdemocratico Scholz, che in Italia ha fatto sollevare i vertici di Bankitalia e di Palazzo Chigi. Ma che in Germania non è mai diventata oggetto di dibattito tra i conservatori (Cdu-Csu) e i socialdemocratici (Spd) della Grande coalizione. Si attendeva, e non a torto, l’esito della consultazione tra gli iscritti del partito socialdemocratico per la nuova leadership. Al primo turno era prevalso proprio il vice-cancelliere che, anche per accendere i riflettori su di sé, con un editoriale sul Financial Times aveva presentato la proposta di unione bancaria come un modo «per sbloccare lo stallo che si ripercuote sul mercato interno e sulla fiducia dei cittadini europei». Scholz, ex ministro del Lavoro del Merkel II e sindaco di Amburgo fino alla seconda chiamata a Berlino nel 2018, tra i più borghesi e competenti della Spd, sperava di dare così prova di leadership. Aumentando sia il suo consenso interno e sia la visibilità nell’Ue.

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Angela Merkel (Cdu) con il vice cancelliere Olaf Scholz (Getty).

GLI IMPRONUNCIABILI EUROBOND

Il ricambio all’Europarlamento e a Bruxelles – determinato dal sì di Merkel al presidente francese Emmanuel Macron – permetteva a Scholz di distanziarsi dalla rigida austerity del predecessore Wolfgang Schäuble. Nell’Ue c’erano, e ci sono, i margini per compiere dei progressi. La Francia e la Commissione Ue guardano con favore all’iniziativa del ministro tedesco, sebbene il vice di Merkel non possa permettersi (né probabilmente neanche la vorrebbe) la parola eurobond – da sempre amata dall’Italia – per lo stesso motivo per il quale la cancelliera resta così cauta. Il silenzio della Germania è dovuto però a ragioni opposte rispetto a quelle che hanno scatenato il frastuono dell’Italia su Mes e unione bancaria all’Eurogruppo del 4 dicembre a cui seguirà il Consiglio europeo del 12. Il cuore finanziario protezionista della Bundesbank rema contro, come i Paesi nordici e il blocco sovranista dell’Est, anche alla proposta ponderata di Scholz, ben accolta invece a sorpresa da parte delle banche tedesche.

UN’ASSICURAZIONE DELL’UE CONTRO L’INSOLVENZA

La cancelliera deve fronteggiare il dissenso dei bavaresi (Csu) e di frange più a destra della Cdu. Ma a maggior ragione in queste settimane l’Italia può spingere l’acceleratore sulle sue pretese, di fronte a una Germania indebolita dalla frenata economica e da una Grande coalizione tornata molto fragile. La linea moderata di Scholz è sconfessata dalla maggioranza degli iscritti ai socialdemocratici, che gli ha preferito Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans, il duo dell’ala più solidale e comunarda, probabilmente anche più favorevole agli eurobond per spalmare i debiti dell’Ue. Il vice-cancelliere, visibilmente deluso, partecipa all’Eurogruppo fresco di sconfitta mentre il quarto governo Merkel traballa: il progetto di rilancio della Spd a sua immagine è fallito. Ma se non altro l’intenzione di «riattivare un dibattito morto» nell’Ue ha avuto successo: la sua proposta di creare un sistema comunitario di assicurazione sui depositi, anche attraverso il paracadute del fondo Salva-Stati europeo, per integrare il settore finanziario dell’Eurozona a tutela dei risparmiatori degli istituti insolventi, ha un senso per tutti i 19 Stati nell’euro.

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Il premier italiano Giuseppe Conte con il ministro delle Finanze Roberto Gualtieri (Getty).

UN’UNIONE A IMMAGINE DELLA GERMANIA?

Ma è da evitare che con l’unione bancaria si ripetano i soliti squilibri dell’euro a vantaggio della Germania, per i rapporti di forza che hanno prodotto anche i vincoli del Mes attuale, in vigore dal 2012 e figlio dell’austerity di Schäuble. Scholz non è così fiscale, vuole mitigare: «Accettare un meccanismo comune di assicurazione dei depositi non è un piccolo passo per un ministro delle Finanze tedesco», ha scritto pensando a un sistema di riassicurazione che aiuterebbe i fondi nazionali a coprire i risparmi bancari fino a 100 mila euro. Il contraltare dell’unione bancaria sarebbe valutare i titoli di Stato in base al loro fattore di rischio, impiccando l’Italia (con un debito pubblico pari al 138% del Pil) e gli altri Stati dell’Eurozona esposti sui Btp come la Spagna. Allora sì, costretti a interventi di salvataggio del Mes. Comprensibile che il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e Gualtieri siano inorriditi di fronte alla prospettiva di un possibile scaricabarile a Bruxelles sui bond statali, dati in pasto allo spread assieme alle banche italiane che ne sono piene. 

IL NODO DEUTSCHE BANK

Va poi capito quanto bisogno abbia ora anche la Germania di un’unione bancaria. Prima della crisi di Deutsche Bank e del calo interno di produzione a causa dei dazi degli Usa all’Ue e alla Cina, i fortini finanziari di Francoforte dietro i governi di Berlino respingevano piani europei che esponessero i contribuenti tedeschi ad alleggerire i crac in altri Paesi. Abbattere le barriere nazionali – con particolari garanzie – faciliterebbe però di questi tempi la fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank, fallita per il rischio che il secondo gigante tedesco affondasse sotto il peso del primo. Tra le precondizioni per l’unione bancaria, nella proposta di Scholz non si accenna alle masse di derivati presenti in gruppi come Deutsche Bank. Mentre si chiede per esempio di ridurre sotto il 5% dei crediti totali i crediti inesigibili che affliggono gli istituti italiani in sofferenza. Non c’è da stupirsi se le reazioni della finanza su Scholz riflettono gli interessi in gioco: per Deutsche Bank «carte molto benvenute», per Commerzbank un’unione che «rafforzerebbe l’Europa». Gruppi tedeschi più sani sono molto più prudenti.

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Gli aggiornamenti del dibattito sul Mes del 30 novembre

Di Maio torna a invocare miglioramenti del trattato già criticato dal Pd. Lunedì 2 dicembre Conte riferisce in Senato.

L’appuntamento in Senato è fissato per lunedì 2 dicembre alle ore 15.30, quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si presenterà a Palazzo Madama per un’informativa sulle modifiche al Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità. Ma la polemica è già iniziata da tempo, con le accuse di Salvini al premier e le minacce di querela di quest’ultimo. Sabato 30 novembre, a due giorni dall’incontro in parlamento, è stato Luigi Di Maio a parlare a lungo di un tema che lascia non poche perplessità all’interno della maggioranza stessa: «L’Italia non può pensare di firmare al buio», ha detto il leader pentastellato, «è bene che ci sia una riflessione».

«SERVONO MIGLIORAMENTI»

Il Ministro degli Esteri ha risposto alle domande dei giornalisti al Villaggio contadino di Natale allestito a Matera dalla Coldiretti. Il Mes «come tanti altri trattati, ha bisogno di tanti miglioramenti», ha detto, aggiungendo che il fondo salva Stati «è solo una parte: c’è l’Unione bancaria, c’è l’assicurazione sui depositi. Quando avremo letto tutto, potremo verificare se il pacchetto convenga all’Italia oppure no. Secondo me, è sano per l’Italia non accelerare in maniera incauta ma difendere i propri interessi, aspettando la fine dei negoziati anche su tutti gli altri aspetti di questo pacchetto».

DI MAIO PREOCCUPATO DALL’UNIONE BANCARIA

A preoccupare Di Maio, più del Mes, è l’Unione bancaria. «L’assicurazione sui depositi va messa a posto: quindi ci sono dei negoziati in corso ed è bene che questi negoziati proseguano con il protagonismo dell’Italia che sicuramente negli ultimi mesi ha avuto difficoltà perché c’è stato un cambio di governo». Di Maio ha aggiunto che «anche il ministro Gualtieri lo ha detto: in questo momento il negoziato ha tutte le possibilità di poter migliorare questo trattato».

FRANCESCHINI: «ORA I FATTI»

Il dialogo all’interno dell’esecutivo prosegue. «Sul Mes in queste ore ci giochiamo la credibilità del Paese, l’andamento dello spread e dei mercati», ha detto a Milano il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, all’assemblea dell’area del Pd di Base Riformista. «Non si può giocare con il fuoco. Prendo per buone le parole di Di Maio di questa mattina e da qui a lunedì vedremo se alle intenzioni seguiranno i fatti e i comportamenti, perché ci sono anche i comportamenti in politica».

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Perché per uscire dalla spirale dei rendimenti negativi serve un’unione bancaria

Per realizzarla Berlino spinge affinché le banche smettano di considerare i titoli di Stato del proprio Paese risk free. L'Italia si oppone e rilancia le sue controproposte facendo leva sull'assenza di dispositivi Ue di rilancio fiscale. Ma con lo spettro della Brexit che si avvicina meglio correre subito ai ripari.

Dall’ultima conferenza stampa di Mario Draghi nelle vesti di presidente della Bce, quella del passaggio del testimone, i tassi di interesse in tutta Europa, sia di breve sia di lungo termine, sono saliti.

Un movimento dovuto a diversi fattori, non ultimi alcuni aspetti tecnici legati al tiering, l’ultima trovata di Draghi prima di congedarsi da Francoforte.

PER ALZARE I TASSI SERVE UNO STIMOLO FISCALE SU LARGA SCALA

Il tasso di crescita atteso per l’economia europea, comunque, è talmente basso che è improbabile che i tassi possano ulteriormente salire nei prossimi trimestri e la Banca centrale, semmai, continuerà a perseguire la sua politica di allentamento quantitativo. Ciò che potrebbe portare a un vero rialzo dei tassi di interesse europei a lungo termine è uno stimolo fiscale su larga scala, preferibilmente in coordinamento con altre economie. In quel caso, le aspettative di crescita e inflazione verrebbero immediatamente innalzate e ciò darebbe alla Bce la possibilità di aumentare i tassi di interesse a breve termine.

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Il dato di Pil tedesco uscito venerdì 15 novembre, però, leggermente superiore a zero, ha scongiurato l’ingresso della principale economia continentale in recessione, mentre perché ci sia un reale stimolo fiscale coordinato è necessario che si realizzi un contesto di crisi, una condizione a cui dover reagire, andando oltre i dogmi vigenti.

UN’UNIONE FISCALE E MONETARIA CONTRO LA SPIRALE DEI RENDIMENTI NEGATIVI

Esiste però una seconda opzione per l’Unione monetaria di uscire dalla spirale dei rendimenti negativi risalendo verso la normalità: un‘unione fiscale e bancaria. Uno sviluppo in questa direzione, infatti, ridurrebbe notevolmente il rischio di un crollo dell’Unione: la Bce non dovrebbe costantemente vivere in modalità whatever it takes, impegnandosi a tenere insieme l’Eurozona. In questo modo la domanda di titoli di Stato tedeschi come rifugio sicuro diminuirebbe e i rendimenti si normalizzerebbero.

LE PROPOSTE DI SCHOLZ

A che punto è, quindi, il processo di creazione di un’unione bancaria in Europa? La scorsa settimana sono giunte delle novità, in merito, proposte dal ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz: in cambio di una garanzia dei depositi a livello europeo, si chiede che le banche smettano di considerare i titoli di Stato del proprio Paese come privi di rischio. Quali sono le conseguenze? Sarà meno interessante, per le banche, tenere in bilancio i titoli di Stato nazionali, perché dovrebbero accantonare del capitale di vigilanza a fronte dell’esposizione al debito sovrano se non sarà più risk-free, quindi i portafogli delle banche diventerebbero più diversificati e più ponderati per il merito di credito.

LA RESISTENZA DELL’ITALIA

Un disegno a cui l’Italia si oppone, perché in nessun altro Paese europeo le banche sono investitori in titoli di Stato, e il Tesoro (con Bankitalia) teme che i rendimenti dei Btb aumenterebbero troppo se le banche cominciassero a diversificare meglio i propri portafogli. Così il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha presentato le controproposte italiane per accogliere le iniziative tedesche: un Fondo europeo di ammortamento del debito per accompagnare il processo di riallocazione dei portafogli bancari; una capacità di bilancio europea per far fronte ai periodi di crisi; un ‘safe asset’ per consentire alle banche di dotarsi di attivi privi di rischio.

IL RAPPORTO INCESTUOSO TRA BANCHE E STATO

Il rapporto incestuoso tra Stato italiano e banche è ricco di argomenti per essere stigmatizzato, ma le paure del ministero e di Banca d’Italia sono comprensibili, perché anche il solo effetto annuncio rischia di spingere i mercati ad anticipare il nuovo scenario, mettendo in difficoltà i Paesi più deboli, e oggi l’Italia è il Paese con lo spread più elevato, avendo superato ormai anche la Grecia in questa triste classifica. La leva che usa Visco è che, senza dispositivi europei di rilancio fiscale, la Bce sarà costretta a proseguire nelle sue politiche accomodanti tanto osteggiate da Berlino. Vedremo come si svilupperà la strada verso una maggiore unione, di certo sarebbe logico aspettarsi che si facciano, e alla svelta, dei passi avanti: con una possibile Brexit alle porte serve un mercato dei capitali più forte per resistere al meglio alla possibile onda d’urto di una separazione traumatica e anche in prospettiva per insidiare Londra nell’offerta di credito. Che la Brexit possa essere un problema non dubita nessuno, ma a volte ci si dimentica che i problemi possono essere opportunità.

*dietro questo nom de plume si nasconde un manager finanziario.

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