Altro che continuità con Draghi, così Lagarde rivoluziona la Bce

Né falco né colomba: il gufo (simbolo di saggezza) Christine cambia la stategia della Banca centrale europea: in agenda i cambiamenti climatici, nuovi target per la stabilità dei prezzi, pagamenti digitali. Una svolta che non si vedeva da 16 anni.

Era attesa da tutti come la versione color pastello di Mario Draghi. Il suo ruolo doveva essere solo di prosecuzione e continuità con quanto fatto dal governatore celebre per il «Whatever it takes», ma Christine Lagarde ha stupito tutti.

UN DEBUTTO ALLA MOURINHO

Un piglio degno del primo José Mourinho interista (quello del «non sono un pirla») e un polso, nel tenere la conferenza stampa, che ha lasciato molti osservatori positivamente impressionati: dopo la consueta fase di resoconto del meeting direttivo alla stampa, la neo presidente – prima di procedere con il consueto giro di domande – ha voluto riservarsi uno spazio di libere considerazioni.

NON I SOLITI NUMERI SU CRESCITA E INFLAZIONE

Ma oltre al cipiglio c’erano contenuti inattesi. No, non i soliti numeri su crescita (rivista lievemente al ribasso) o inflazione (lievemente al rialzo), né annunci di politica monetaria (invariata), Lagarde ha sparato ben più alto, annunciando una strategic review della Banca centrale europea come non si vedeva da 16 anni.

SVOLTA DA GENNAIO 2020

La Bce ripenserà se stessa, il suo ruolo e le modalità con cui perseguire il suo mandato. Lo farà dal gennaio 2020 per arrivare a una conclusione entro la fine dell’anno. I punti salienti di questa revisione di strategia sono l’inclusione di tematiche inerenti il cambiamento climatico e la ridefinizione del target per la stabilità dei prezzi (oggi posto ad «appena inferiore a 2%»).

CONTESTO TOLLERANTE SULL’INFLAZIONE

Per la stabilità dei prezzi probabilmente l’intenzione è di predisporre un contesto tollerante per l’eventualità di un’inflazione che dovesse superare il 2%, valutando un livello medio pluriennale: dopo anni di livelli inflattivi molto lontani dall’obiettivo, consentire per qualche tempo all’inflazione di galleggiare sopra la soglia del 2% servirà ad avere un livello medio più vicino a 2.

ANCHE L’IMMOBILIARE NELLA DEFINIZIONE DEI PREZZI

La Bce valuterà, inoltre, se considerare anche il comparto immobiliare nella definizione dei prezzi e si premunirà di considerare anche le aspettative di inflazione dei consumatori oltre che quelle di mercato.

CRESCENTE SENSIBILITÀ AMBIENTALE

Le allusioni al surriscaldamento globale lasciano immaginare che la spinta fiscale auspicata potrà avvenire in scia a una crescente sensibilità ambientale: verrà infatti cercato un accordo con la Commissione europea sulla cosiddetta tassonomia, ossia di un sistema di regole di classificazione di criteri per arrivare a definire cosa debba intendersi per attività sostenibile.

BCE PRONTA A DIALOGARE CON LE ALTRE ISTITUZIONI

Un gioco dialettico a tutto campo che crea aspettative, ma che tratteggia già una Bce diversa, ancora tenacemente indipendente, ma pronta a scendere dalla “torre d’avorio” e dialogare con le altre istituzioni perché «non c’è niente di sbagliato nel concordare le azioni per i rispettivi obiettivi».

Le armi che la Bce continuerà a usare saranno:

  • Tassi d’interesse, per la parte più breve della curva.
  • Forward guidance, per dettare un calendario chiaro e “correggere” l’orizzonte di medio termine.
  • Quantitative easing e acquisti di asset, per condizionare la parte più lunga della curva dei rendimenti.

Messa alle strette sulle preferenze fra i tre strumenti, la neo presidente ha fatto intendere di preferire la forward guidance. Non c’era da avere molti dubbi in proposito: la scelta è caduta sullo strumento più basato sulla dialettica, vuoi per confidare sulla principale competenza di Christine (la comunicazione), vuoi perché la capacità di condizionamento residua della Banca centrale è ormai molto esigua, dopo aver già portato i tassi prima a zero, poi sottozero, e aver lanciato più piani di Qe.

POLITICA FISCALE DIVERSA E PIÙ ESPANSIVA

Nonostante le politiche monetarie ultra-accomodanti di questi anni, infatti, i consumi non crescono e i salari nemmeno, per questa ragione una diversa e più espansiva politica fiscale «sarebbe benvenuta».

MA CHI HA IL DEBITO ALTO (COME NOI) SI PREOCCUPI DI QUELLO

Selettivamente, però. I Paesi che hanno spazio di manovra dovrebbero introdurre politiche fiscali più accomodanti, mentre i Paesi ad alto debito dovrebbero preoccuparsi di tornare su un sentiero più virtuoso. Un messaggio esplicito ai governi che non mancherà di mostrare i suoi effetti. Inflazione e crescita (stimate ripettivamente a +1,6% e +1,4% nel 2022) sono ancora troppo modeste, anche se il segno positivo va visto come un buon segnale.

IL GUFO COME SIMBOLO DI SAGGEZZA

La presidente ha prima chiarito un «io sono io» che non ha niente a che fare con la famosa citazione de Il marchese del Grillo di Alberto Sordi, ma che è solo un ammonimento verso la naturale tentazione a fare confronti con il predecessore Draghi. Dopodiché ha respinto ogni classica etichetta definendosi né colomba né falco, semmai un gufo, animale simbolo di saggezza (anche se in Italia ha tutt’altra simbologia).

PURE UN SISTEMA DI PAGAMENTI DITIGALI

Come se tutto ciò non bastasse, in una conferenza stampa di debutto, La Lagarde ha inoltre fatto riferimento alla creazione di una task force che entro metà 2020 porti a termine i lavori per la definzione di una digital currency sotto l’egida della Bce stessa, cioè di un sistema di pagamenti digitali (ma – ha chiarito – non sarà né uno stable coin né il bitcoin). Né falco né colomba: Christine Lagarde sembra una macchina infernale.

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La Bce di Lagarde in pressing sui Paesi che possono spendere

Stime di crescita al ribasso: +1,1% per il 2020. La presidente dell'Eurotower: «I governi che hanno spazio di bilancio dovrebbero essere pronti ad agire in maniera efficace e tempestiva». E poi precisa: «Non sono né una colomba né un falco, la mia ambizione è essere un gufo, che è dotato di saggezza».

La prima riunione di politica monetaria della Banca Centrale Europea guidata da Christine Lagarde si è conclusa lasciando i tassi d’interesse invariati: il tasso principale resta fermo a zero, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi a -0,50%.

«NÉ FALCO NÉ COLOMBA, SARÒ GUFO»

La Bce ha «leggermente rivisto» al ribasso le stime di crescita per il 2020, a 1,1%. Le stime sono ora di una crescita dell’1,2% quest’anno, dell’1,1% il prossimo, e dell’1,4% nel 2021 e 2022. Nella conferenza stampa al termine del board Lagarde ha spiegato: «Non sono né una colomba né un falco, la mia ambizione è essere un gufo, che è dotato di saggezza».

«CHI HA SPAZIO DI BILANCIO, AGISCA IN MANIERA TEMPESTIVA»

Poi Lagarde è tornata in pressing sulla Germania e gli altri Paesi che hanno surplus di bilancio: «I governi che hanno spazio di bilancio dovrebbero essere pronti ad agire in maniera efficace e tempestiva» per stimolare la crescita.

«L’EUROPA NON VA VERSO LA JAPANIFICATION»

Infine, riferendosi al rischio, evocato da alcuni economisti, di una spirale di deflazione e bassa crescita come quella del ‘decennio perduto’ giapponese, ha commentato: «Una ‘Japanification’? non credo affatto che siamo a questo punto, il credito alle imprese europee presenta un quadro completamente diverso da quello giapponese. Non credo affatto che una ‘Japanification’ sia fra le ipotesi sul tavolo»

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Perché per uscire dalla spirale dei rendimenti negativi serve un’unione bancaria

Per realizzarla Berlino spinge affinché le banche smettano di considerare i titoli di Stato del proprio Paese risk free. L'Italia si oppone e rilancia le sue controproposte facendo leva sull'assenza di dispositivi Ue di rilancio fiscale. Ma con lo spettro della Brexit che si avvicina meglio correre subito ai ripari.

Dall’ultima conferenza stampa di Mario Draghi nelle vesti di presidente della Bce, quella del passaggio del testimone, i tassi di interesse in tutta Europa, sia di breve sia di lungo termine, sono saliti.

Un movimento dovuto a diversi fattori, non ultimi alcuni aspetti tecnici legati al tiering, l’ultima trovata di Draghi prima di congedarsi da Francoforte.

PER ALZARE I TASSI SERVE UNO STIMOLO FISCALE SU LARGA SCALA

Il tasso di crescita atteso per l’economia europea, comunque, è talmente basso che è improbabile che i tassi possano ulteriormente salire nei prossimi trimestri e la Banca centrale, semmai, continuerà a perseguire la sua politica di allentamento quantitativo. Ciò che potrebbe portare a un vero rialzo dei tassi di interesse europei a lungo termine è uno stimolo fiscale su larga scala, preferibilmente in coordinamento con altre economie. In quel caso, le aspettative di crescita e inflazione verrebbero immediatamente innalzate e ciò darebbe alla Bce la possibilità di aumentare i tassi di interesse a breve termine.

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Il dato di Pil tedesco uscito venerdì 15 novembre, però, leggermente superiore a zero, ha scongiurato l’ingresso della principale economia continentale in recessione, mentre perché ci sia un reale stimolo fiscale coordinato è necessario che si realizzi un contesto di crisi, una condizione a cui dover reagire, andando oltre i dogmi vigenti.

UN’UNIONE FISCALE E MONETARIA CONTRO LA SPIRALE DEI RENDIMENTI NEGATIVI

Esiste però una seconda opzione per l’Unione monetaria di uscire dalla spirale dei rendimenti negativi risalendo verso la normalità: un‘unione fiscale e bancaria. Uno sviluppo in questa direzione, infatti, ridurrebbe notevolmente il rischio di un crollo dell’Unione: la Bce non dovrebbe costantemente vivere in modalità whatever it takes, impegnandosi a tenere insieme l’Eurozona. In questo modo la domanda di titoli di Stato tedeschi come rifugio sicuro diminuirebbe e i rendimenti si normalizzerebbero.

LE PROPOSTE DI SCHOLZ

A che punto è, quindi, il processo di creazione di un’unione bancaria in Europa? La scorsa settimana sono giunte delle novità, in merito, proposte dal ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz: in cambio di una garanzia dei depositi a livello europeo, si chiede che le banche smettano di considerare i titoli di Stato del proprio Paese come privi di rischio. Quali sono le conseguenze? Sarà meno interessante, per le banche, tenere in bilancio i titoli di Stato nazionali, perché dovrebbero accantonare del capitale di vigilanza a fronte dell’esposizione al debito sovrano se non sarà più risk-free, quindi i portafogli delle banche diventerebbero più diversificati e più ponderati per il merito di credito.

LA RESISTENZA DELL’ITALIA

Un disegno a cui l’Italia si oppone, perché in nessun altro Paese europeo le banche sono investitori in titoli di Stato, e il Tesoro (con Bankitalia) teme che i rendimenti dei Btb aumenterebbero troppo se le banche cominciassero a diversificare meglio i propri portafogli. Così il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha presentato le controproposte italiane per accogliere le iniziative tedesche: un Fondo europeo di ammortamento del debito per accompagnare il processo di riallocazione dei portafogli bancari; una capacità di bilancio europea per far fronte ai periodi di crisi; un ‘safe asset’ per consentire alle banche di dotarsi di attivi privi di rischio.

IL RAPPORTO INCESTUOSO TRA BANCHE E STATO

Il rapporto incestuoso tra Stato italiano e banche è ricco di argomenti per essere stigmatizzato, ma le paure del ministero e di Banca d’Italia sono comprensibili, perché anche il solo effetto annuncio rischia di spingere i mercati ad anticipare il nuovo scenario, mettendo in difficoltà i Paesi più deboli, e oggi l’Italia è il Paese con lo spread più elevato, avendo superato ormai anche la Grecia in questa triste classifica. La leva che usa Visco è che, senza dispositivi europei di rilancio fiscale, la Bce sarà costretta a proseguire nelle sue politiche accomodanti tanto osteggiate da Berlino. Vedremo come si svilupperà la strada verso una maggiore unione, di certo sarebbe logico aspettarsi che si facciano, e alla svelta, dei passi avanti: con una possibile Brexit alle porte serve un mercato dei capitali più forte per resistere al meglio alla possibile onda d’urto di una separazione traumatica e anche in prospettiva per insidiare Londra nell’offerta di credito. Che la Brexit possa essere un problema non dubita nessuno, ma a volte ci si dimentica che i problemi possono essere opportunità.

*dietro questo nom de plume si nasconde un manager finanziario.

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