Il senso di Rula Jebreal al Festival di Sanremo

Il veto Rai alla presenza della giornalista ha scatenato le polemiche. Ma cosa ci faceva la Jebreal in una kermesse canora? Quale sarebbe stato il suo ruolo? E in quanti si sono chiesti «che ci azzecca»?

Quando ha cominciato a montare – sui giornali e sui social – la polemica sulla partecipazione di Rula Jebreal al prossimo Festival di Sanremo, in non pochi ci siamo chiesti «che ci azzecca?», Che ci azzecca la polemica (con tutto quel che sta succedendo nel mondo), ma anche che ci azzecca Rula con il Festival.

CANTANTE O VALLETTA?

Rula cantante? Rula valletta? Non sembrerebbe il ruolo adatto per questa giornalista ormai di profilo internazionale, cittadina del mondo, consulente del presidente Macron per il gender gap, stabilmente insediata nell’élite intellettuale ed ebraica newyorchese, ma spesso di ritorno in Italia per partecipare a talk show televisivi in cui non le manda certo a dire.

PERCHÉ ACCETTARE?

Cioè, ancora prima di chiedersi perché è stata invitata, ci si domanda perché lei avrebbe accettato, con quale intento e con quale scopo. Tanto più che il direttore artistico del Festival, Amadeus, ha precisato in un’intervista a Repubblica che quello di Jebreal «non sarà un intervento politico, chi viene a Sanremo non farà politica. Non mi interessa». E allora, che cosa farà? Sfilerà indossando preziose creazioni degli stilisti Made in Italy? Presenterà le canzoni? Reciterà un monologo teatrale? Danzerà? Nemmeno il tempo di approfondire la questione, che già erano partiti i razzi della polemica, dopo la decisione dei vertici Rai di sospendere la firma del contratto e non confermare i voli per la discussa ospite.

LA POLITICA CHE SI DIVIDE

Da un lato, coloro che inneggiano alla decisione della Rai, contestando la Jebreal soprattutto per la veemenza con cui esprime le sue critiche a un’Italia gretta, razzista e fascisteggiante; dall’altra i suoi difensori, che sbandierando l’hashtag #iostoconRula denunciano censura e discriminazione contro la giornalista, segno della sottomissione della Rai alle volontà sovraniste e leghiste. «La Jebreal potrebbe essere incaricata a Sanremo di spiegarci quanto le facciamo schifo» (Daniele Capezzone). «Sarebbe “discriminazione di Stato” non dare a Rula Jebreal il palco dell’Ariston con i soldi degli italiani. Gli stessi italiani accusati dalla signora di essere fascisti, razzisti, impresentabili» (Daniela Santanché). Sul fronte opposto, soprattutto esponenti di Italia Viva, come per esempio Gennaro Migliore («L’estromissione di #RulaJebreal dal festival di Sanremo puzza lontano un miglio di epurazione sovranista») e Davide Faraone («Vergognoso che la Rai, la tv pubblica si pieghi al diktat di Salvini. Porterò il caso in vigilanza Rai. Non possiamo stare zitti»).

LA SOLIDARIETÀ FEMMINISTA

E naturalmente non manca la solidarietà femminile e femminista: «Si esclude un’ottima giornalista per le proteste dei sovranisti. Dimenticando che la presenza di Rula al Festival avrebbe dimostrato che le persone non si scelgono per il genere o per il colore della pelle, ma solo per competenza e professionalità», (Teresa Bellanova); «Se è vero che sulla decisione hanno pesato le polemiche scatenate sui social dai sovranisti allora non ci siamo. Il servizio pubblico deve valutare le competenze di una persona non piegarsi alla prepotenza di chi la insulta», (Laura Boldrini). Già, ma torniamo a bomba. Di quali competenze parliamo, nell’ambito del Festival di Sanremo?

UNA TOP TEN DI DONNE PER AMADEUS

Secondo le anticipazioni di Amadeus, Rula Jebreal avrebbe fatto parte di una top ten di donne che dovrebbero affiancarlo sul palco, donne speciali per meriti e talenti particolari, dunque rappresentative di un universo femminile positivo e vincente. Peccato che delle altre nove non si sia saputo nulla. Tranne di una, la co-conduttrice Diletta Leotta, indubbiamente una ragazza di successo. I cui meriti e talenti sono ben chiari nella mente e nelle fantasie di milioni di maschi italiani, che pur di accarezzarne le curve per tre o quattro serate, si beccherebbero pure le rampogne antirazziste della Jebreal, peraltro non meno bella e fascinosa della Leotta. Al limite, il sovranista toglierà l’audio, il democratico di sinistra posterà sui social #iostoconRula e qualcuno risponderà al volo «sì, ti piacerebbe».

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Il senso di Rula Jebreal al Festival di Sanremo

Il veto Rai alla presenza della giornalista ha scatenato le polemiche. Ma cosa ci faceva la Jebreal in una kermesse canora? Quale sarebbe stato il suo ruolo? E in quanti si sono chiesti «che ci azzecca»?

Quando ha cominciato a montare – sui giornali e sui social – la polemica sulla partecipazione di Rula Jebreal al prossimo Festival di Sanremo, in non pochi ci siamo chiesti «che ci azzecca?», Che ci azzecca la polemica (con tutto quel che sta succedendo nel mondo), ma anche che ci azzecca Rula con il Festival.

CANTANTE O VALLETTA?

Rula cantante? Rula valletta? Non sembrerebbe il ruolo adatto per questa giornalista ormai di profilo internazionale, cittadina del mondo, consulente del presidente Macron per il gender gap, stabilmente insediata nell’élite intellettuale ed ebraica newyorchese, ma spesso di ritorno in Italia per partecipare a talk show televisivi in cui non le manda certo a dire.

PERCHÉ ACCETTARE?

Cioè, ancora prima di chiedersi perché è stata invitata, ci si domanda perché lei avrebbe accettato, con quale intento e con quale scopo. Tanto più che il direttore artistico del Festival, Amadeus, ha precisato in un’intervista a Repubblica che quello di Jebreal «non sarà un intervento politico, chi viene a Sanremo non farà politica. Non mi interessa». E allora, che cosa farà? Sfilerà indossando preziose creazioni degli stilisti Made in Italy? Presenterà le canzoni? Reciterà un monologo teatrale? Danzerà? Nemmeno il tempo di approfondire la questione, che già erano partiti i razzi della polemica, dopo la decisione dei vertici Rai di sospendere la firma del contratto e non confermare i voli per la discussa ospite.

LA POLITICA CHE SI DIVIDE

Da un lato, coloro che inneggiano alla decisione della Rai, contestando la Jebreal soprattutto per la veemenza con cui esprime le sue critiche a un’Italia gretta, razzista e fascisteggiante; dall’altra i suoi difensori, che sbandierando l’hashtag #iostoconRula denunciano censura e discriminazione contro la giornalista, segno della sottomissione della Rai alle volontà sovraniste e leghiste. «La Jebreal potrebbe essere incaricata a Sanremo di spiegarci quanto le facciamo schifo» (Daniele Capezzone). «Sarebbe “discriminazione di Stato” non dare a Rula Jebreal il palco dell’Ariston con i soldi degli italiani. Gli stessi italiani accusati dalla signora di essere fascisti, razzisti, impresentabili» (Daniela Santanché). Sul fronte opposto, soprattutto esponenti di Italia Viva, come per esempio Gennaro Migliore («L’estromissione di #RulaJebreal dal festival di Sanremo puzza lontano un miglio di epurazione sovranista») e Davide Faraone («Vergognoso che la Rai, la tv pubblica si pieghi al diktat di Salvini. Porterò il caso in vigilanza Rai. Non possiamo stare zitti»).

LA SOLIDARIETÀ FEMMINISTA

E naturalmente non manca la solidarietà femminile e femminista: «Si esclude un’ottima giornalista per le proteste dei sovranisti. Dimenticando che la presenza di Rula al Festival avrebbe dimostrato che le persone non si scelgono per il genere o per il colore della pelle, ma solo per competenza e professionalità», (Teresa Bellanova); «Se è vero che sulla decisione hanno pesato le polemiche scatenate sui social dai sovranisti allora non ci siamo. Il servizio pubblico deve valutare le competenze di una persona non piegarsi alla prepotenza di chi la insulta», (Laura Boldrini). Già, ma torniamo a bomba. Di quali competenze parliamo, nell’ambito del Festival di Sanremo?

UNA TOP TEN DI DONNE PER AMADEUS

Secondo le anticipazioni di Amadeus, Rula Jebreal avrebbe fatto parte di una top ten di donne che dovrebbero affiancarlo sul palco, donne speciali per meriti e talenti particolari, dunque rappresentative di un universo femminile positivo e vincente. Peccato che delle altre nove non si sia saputo nulla. Tranne di una, la co-conduttrice Diletta Leotta, indubbiamente una ragazza di successo. I cui meriti e talenti sono ben chiari nella mente e nelle fantasie di milioni di maschi italiani, che pur di accarezzarne le curve per tre o quattro serate, si beccherebbero pure le rampogne antirazziste della Jebreal, peraltro non meno bella e fascinosa della Leotta. Al limite, il sovranista toglierà l’audio, il democratico di sinistra posterà sui social #iostoconRula e qualcuno risponderà al volo «sì, ti piacerebbe».

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La Rai verso l’esclusione di Rula Jebreal da Sanremo

Secondo Repubblica l'azienda di viale Mazzini avrebbe respinto la proposta di Amadeus di invitare la giornalista palestinese. E Iv prepara la battaglia in commissione vigilanza.

La Rai sembra intenzionata a tenere fuori da Sanremo Rula Jebreal. Secondo quanto scrive Repubblica, l’azienda di Viale Mazzini sarebbe intenzionata a respingere l’idea di Amadeus, direttore artistico del Festival, di avere la giornalista come ospite in una delle serate della kermesse. Stando a quanto scrive il quotidiano la decisione sarebbe maturata per le polemiche arrivate sopratutto dal fronte sovranista che si è scagliato contro la giornalista palestinese naturalizzata italiana nel timore che la gara canora venisse politicizzata.

VERSO LA BATTAGLIA IN COMMISSIONE VIGILANZA

Il caso però non è chiuso. Il presidente dei senatori di Italia Viva, Davide Faraone, ha già annunciato battaglia in commissione Vigilanza. «Dieci donne a Sanremo 2020 ma non Rula Jebreal. Nessuno spazio ad una nuova italiana di successo», ha attaccato, «Nella narrazione sovranista stona e anche parecchio. La Rai, la tv pubblica, si piega al diktat di Salvini. Credo sia semplicemente vergognoso. Ho deciso di portare il caso in vigilanza Rai ed intanto denuncio pubblicamente un’autentica discriminazione di Stato. Non possiamo stare zitti».

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La grana del regolamento di Sanremo 2020 agita la Rai

A poco più di un mese dall'inizio del Festival, manca ancora un accordo fra tutti i soggetti coinvolti. E la Federazione industria musicale italiana potrebbe decidere di non far partecipare i propri artisti. Il retroscena.

Dopo l’eloquente passaggio sulla Rai da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha rammentato ruolo e funzioni del servizio pubblico, il 2020 della tivù di Stato non è iniziato bene. Stavolta la grana si chiama Sanremo ed è scoppiata a poco più di un mese dall’inizio del Festival, da sempre punto di forza di Viale Mazzini e della sua rete ammiraglia.

RIUNIONE AD ALTA TENSIONE

Secondo quanto risulta a Lettera43, il 23 dicembre si è tenuta una riunione molto tesa, coordinata via telefono dal Direttore generale Corporate Alberto Matassino, per tentare di recuperare e risolvere l’ultima crisi nata in azienda: si tratta del nuovo regolamento della kermesse musicale. Su alcune delle regole legate ai diritti dei cantanti che si esibiranno, non è stato ancora trovato l’assenso di tutti i soggetti coinvolti.

LEGGI ANCHE: I Big in gara a Sanremo 2020 svelati da Amadeus

AL MOMENTO NON C’È CHIAREZZA SULLE REGOLE

In particolare la Fimi (Federazione industria musicale italiana), per bocca del suo presidente Enzo Mazza, non avrebbe ancora dato il semaforo verde al nuovo regolamento, in quanto non sarebbero state soddisfatte alcune sue richieste. Da qui l’ipotesi di non far partecipare i cantanti legati alla Federazione. Sono ore convulse e di comprensibile agitazione, perché il Festival in questo momento è privo di un regolamento ufficiale che stabilisca con chiarezza le regole della competizione.

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I migliori dischi del 2019 di cui nessuno vi ha parlato

Una classifica atipica. Di nomi (quasi) mai citati. Dai Cheap Wine e Il Terzo Istante in Italia ai Th' Losin Streaks e New Model Army nel resto nel mondo. Viaggio in un anno da riascoltare.

C’è qualcosa che non va con le classifiche di fine anno: tutti hanno la loro, ma alla fine si assomigliano tutte ed è forte il sospetto di interferenze fin troppo ispiratrici. Allora proviamo noi a stilarne una atipica, di dischi (quasi) mai citati in questi giorni eppure assolutamente significativi del 2019 che già sbadisce; tutti in rigoroso ordine sparso, perché non è questione di preferenze ma di menzioni.

GIORGIA DEL MESE E GLI ALTRI SPLENDIDI OUTSIDER

Tra gli italiani, andiamo a scegliere non i soliti nomi alla moda, ma gli autentici outsider: Giorgia Del Mese, si è appena ripresentata con Moderate Tempeste, lavoro di appena cinque brani ma terribilmente belli, in pratica una sola piccola suite squarciata come la coscienza in cui si parla in faccia al dolore: che risponde, eco dall’anima, figlio della vita. Prodotto mirabilmente da Andrea Franchi. Grande lavoro anche per i sempre autoprodotti Cheap Wine di Pesaro, che con Faces superano ancora loro stessi, aggiungendo profumi e suggestioni alla loro miscela di Americana stravolta in modo unico e risolta da musicisti di squisita caratura. Notevole pure il ritorno di Umberto Maria Giardini, che in Forma Mentis riscopre il grunge e l’hard rock degli inizi con risultati poetici decisamente intensi. Altra proposta sorprendente, davvero sorprendente, quella de Il Terzo Istante, formazione torinese prodotta ancora da Andrea Franchi, capace nei nove pezzi di Estraneo di sviluppare un nuovo concetto di rock d’autore, spiazzante, obliquo, grondante creatività, impreziosito da una apparizione di Paolo Benvegnù (in dirittura d’arrivo col nuovo disco, in uscita tra febbraio e marzo).

E come dimenticare l’autentico capolavoro di Francesco Di Bella, O Diavolo (uscito in effetti alla fine del 2018), nove canzoni inafferrabili tra dub, autore, pop, rock; inafferrabili ma ti afferrano, una dopo l’altra, protese fra Napoli e l’universo, una più splendida dell’altra, in un trionfo di ispirazione quale raramente si incontra in Italia? Siamo anni luce distanti da Sanremo, e non può essere un caso: tutto ciò che passa dall’Ariston, a dispetto delle troppe giurie selezionatrici, è di imbarazzante mediocrità, mentre i vari premi alternativi sono ormai lottizzati allo stesso modo; per non dire di X Factor con relative imitazioni, che sono davvero la tomba della creatività. Quando qualche meraviglioso incosciente oserà ancora mettere in piedi un contro-festival davvero libero, assolutamente impermeabile a suggestioni e sollecitazioni di sorta, con questi ed altri nomi, capaci di ricordarci che la musica italiana esiste ancora, pulsa, chiama: è lì, in attesa che qualcuno se ne accorga?

TRE NOMI GIGANTESCHI (MA NON SOLO)

Nel resto del mondo, si impongono senz’altro tre nomi giganteschi, capaci di sfornare dischi all’altezza della fama: Bruce Springsteen in Western Star torna ad agitare i prediletti fantasmi dei perdenti, i disperati, i corrosi, ma lo fa in una sorprendente veste bacarachiana, e il risultato è spettacolare; quanto a Nick Cave, il suo Ghosteen è senz’altro difficile, lungo, ostico se si vuole, ma importa, e vale, per quello che rappresenta, per l’elegia della sofferenza in punta di sibili, di rimandi, di echi; ed è imprescindibile seppure pesante. Il terzo nome ingombrante che non si può evitare è quello di Iggy Pop, che torna sui passi di un ritiro annunciato per uno dei suoi dischi che rimarranno, lo sperimentale, morboso, jazzistico, autoriale Free, dove Iggy si mette in scia del perduto amico David Bowie e riesce a tenere il confronto.

Un altro album che vale la pena di scoprire o riscoprire è quello di Cass McCombs, cantautore americano 42enne che con Tip of the Sphere tira fuori un lavoro prolisso ma sempre ispirato

Viceversa, un nome che solo qualche nostalgico ricorderà è quello dei Th’ Losin Streaks che dopo 14 anni dall’ultimo disco, e nove dallo scioglimento, si ricoagulano per l’autoironico, almeno nel titolo, This band will self destruct in t-minus. Ma lo scherzo finisce qui. Perché il disco è un furibondo concentrato di garage, avant-punk e rock and roll come non si usa più (a tratti le sonorità sembrano ricordare perfino i Cheater Slicks); da Sacramento con ardore, spettinando Kinks, Troggs e i pensieri di chi ascolterà questo mirabile fiotto di lucida incoscienza. Altra perla misconosciuta, ma da recuperare, quella dei New Model Army, redivivi pure loro, e in che modo!

Con questa esplosione di rock come sempre antagonista, From Here, dalla doppia durata (un’ora, suppergiù) ma mai meno che intenso, urticante, allarmante. Il rock come agitazione, come inquietudine che inquieta, e che, dagli anni Ottanta, non ha perso un solo battito del suo cuore convulso. Cambiando bruscamente genere, un altro album che vale la pena di scoprire o riscoprire è quello di Cass McCombs, cantautore americano 42enne che con Tip of the Sphere tira fuori un lavoro prolisso ma sempre ispirato, con episodi che si dilatano, cullandosi in melodie essenziali e avvolgenti dalle più o meno lunghe digressioni psichedeliche, qualcosa che a tratti richiama l’approccio di un Jonathan Wilson – il quale tornerà a dare notizie di sè con un nuovo album entro la prossima primavera.

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I cantanti in gara a Sanremo 2020 svelati da Amadeus

Per la prima volta Piero Pelù. Ma ci sono anche Bugo (in coppia con Morgan) ed Elettra Lamborghini. Sul palco dell'Ariston torna Francesco Gabbani.

Amadeus, conduttore e direttore artistico di Sanremo 2020, ha annunciato in un’intervista a Repubblica i nomi dei cantanti in gara al Festival.

I 22 Big sono: Marco Masini, Michele Zarrillo, Alberto Urso (il tenore pop vincitore di Amici), Elettra Lamborghini, Achille Lauro, Anastasio (vincitore di X Factor), Bugo e Morgan, Diodato, Elodie, Enrico Nigiotti, Francesco Gabbani. E poi: Irene Grandi, Le Vibrazioni, Levante, Junior Cally, Paolo Jannacci, Piero Pelù (prima volta assoluta) e Giordana Angi (da Amici). Infine Pinguini Tattici Nucleari, Rancore, Raphael Gualazzi e Riki (anche lui da Amici). Tutti gli artisti saranno ospiti il 6 gennaio nella puntata speciale di Rai 1 de I Soliti ignoti dedicata alla Lotteria Italia. Annunceranno loro i titoli delle canzoni.

Per le Nuove Proposte si sfideranno: Eugenio in Via Di Gioia, Fadi, Fasma, Gabriella Martinelli e Lula, Leo Gassmann, Marco Sentieri, Matteo Faustini, Tecla Insolia. Le due categorie non saranno accorpate, a differenza di quanto accaduto l’anno scorso.

Amadeus ha detto di aver scelto gli artisti tenendo conto «soltanto delle canzoni». Voleva «dei pezzi radiofonici, delle potenziali hit». Tra gli ospiti ci saranno Fiorello, Roberto Benigni, Salmo (la prima serata) e Tiziano Ferro per tutte e cinque le serate. Non è ancora noto l’ospite internazionale. Accanto ad Amadeus si alterneranno diverse donne: Antonella Clerici sarebbe felice di partecipare e il conduttore ha confermato di aver contattato la giornalista Rula Jebreal.

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Le polemiche per la possibile partecipazione di Rula Jebreal a Sanremo 2020

Bufera dopo l'indiscrezione di Dagospia sulla possibile partecipazione della giornalista palestinese alla kermesse musicale. Bordate da Capezzone a Gervasoni. Dubbi del consigliere Rai Rossi: «Sarebbe divisiva».

Con l’arrivo di Sanremo arrivano anche le immancabili polemiche. L’ultima in ordine di tempo è arrivata dopo un’indiscrezione uscita su Dagospia sulla possibile partecipazione alla kermesse canora della giornalista Rula Jebreal al fianco di Amadeus per condurre una delle serate. Secondo il sito online di Roberto D’Agostino, il conduttore Rai avrebbe incontrato Rula in un albergo milanese proponendole di affiancarlo per una sera sul palco dell’Ariston. E lei avrebbe dato la sua disponibilità. Subito dopo la pubblicazione della notizia, giornali e social dell’area sovranista sono insorti contro la reporter palestinese.

L’ATTACCO DELLA DESTRA SOVRANISTA

In prima linea Daniele Capezzone, cronista de La Verità, che ha attaccato a testa bassa su Twitter: «Mi par di capire che con i soldi del canone #Rai #RulaJebreal potrebbe essere incaricata a #Sanremo di spiegarci quanto le facciamo schifo. Se poi qualcuno si lamenterà sui social, seguiranno accuse di: -razzismo -sessismo – machismo. Pure nel 2020, ci avete già rotto….». Per gli haters, la eventuale presenza di Rula sul palco di Sanremo sarebbe «un insulto a tutti gli italiani». Durissima anche la presa di posizione di Marco Gervasoni docente dell’Università del Molise (noto alle cronache per aver pubblicato tweet offensivi nei confronti della senatrice a vita Liliana Segre) che sempre su Twitter ha commentato: «Mitica la definizione che ne diede in un talk show anni fa Sapelli “gnocca senza testa”. Aspettatevi un Sanremo pro clandestini, pro islam, pro lgbt, pro utero in affitto, pro sardine, pro investitori d’auto (purché con suv)». Nel frattempo sui social qualcuno ha lanciato l’hashtag #BoicottaSanremo.

I DUBBI DEL CONSIGLIERE RAI ROSSI: «RULA SAREBBE DIVISIVA»

Sentito dall’Adnkronos, il consigliere Rai in quota Fratelli d’Italia, Giampaolo Rossi, ha esconfermato i contatti «tra la direzione artistica del Festival di Sanremo e la signora Rula Jebreal», e si è detto «piuttosto stupito». «Sono note le sue posizioni ideologiche radicali, filoislamiste e dichiaratamente antisraeliane così come le fake news raccontate sulla guerra in Siria, ma ignoravo che Rula Jebreal fosse esperta di musica italiana», ha attaccato. «Credo», ha aggiunto, «che il Festival di Sanremo debba essere un momento di unione del nostro Paese e non lasciare spazio, quindi, a sentimenti divisivi e a persone che li alimentano».

LE VOCI IN DIFESA DI RULA

Tra Facebook e Twitter arrivano però anche dei messaggi di sostegno. «Io sono italiano, pago le tasse, e non mi sono mai sentito schifato da Rula Jebreal», ha scritto un utente. «Grazie #Amadeus per aver scelto #RulaJebreal, stai mandando in tilt i cervelli dei razzisti perché è una donna, straniera, che ha detto chiaramente che l’Italia è un paese fascista. Spero faccia qualche discorsetto durante il festival», ha attaccato un altro.

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Chi sono i cantanti di Sanremo giovani 2020

Da Leo Gasmann agli Eugenio in via di Gioia: i protagonisti che si sono aggiudicati il palco dell'Ariston. Che vedrà anche Tiziano Ferro presente tutte le sere.

I magnifici otto sono stati scelti. Il 19 dicembre i nomi dei partecipanti a Sanremo giovani 2020 sono stati finalmente svelati e così il prossimo festival targato Amadeus inizia a prendere forma. In attesa di conoscere i nomi dei Big e gli ospiti delle cinque serate in programma dal 4 all’8 febbraio – il conduttore ha già spiegato che Tiziano Ferro sarà presente tutte le sere, le porte dell’Ariston si sono spalancate agli otto cantanti che parteciperanno tra i Giovani.

DA LEO GASMANN A TECLA VINCITRICE DI SANREMO YOUNG

Leo Gassmann (con Va bene così), Fadi (Due noi), Marco Sentieri (Billy Blu), Fasma (Per sentirmi vivo), Eugenio in via di Gioia (Tsunami) sono i cinque protagonisti, in diretta tv su Rai1, si sono sfidati a colpi di duelli e musica per conquistare un posto in prima fila all’Ariston. A loro si aggiungono, da Area Sanremo, Gabriella Martinelli e Lula (Il gigante d’acciaio, dedicata a Taranto e alle vicende dell’ex Ilva) e Matteo Faustini (Nel bene e nel male). Approda di diritto all’Ariston anche la giovanissima Tecla Insolia, vincitrice di Sanremo Young.

TEMI SOCIALI E MALESSERE GENERAZIONALE

Temi sociali e malessere generazionale corrono tra i brani, gli stessi che arriveranno a febbraio. Sfide secche, dentro o fuori. Per quella che qualcuno considera l’occasione della vita, qualcuno un passaggio obbligato verso il successo. Sono emozionati i ragazzi (e si vede, dalle mani che si contorcono, dagli sguardi persi, dalle gambe che non stanno ferme), anche se molti di loro hanno già alle spalle talent e gavetta. Come Thomas che arriva da Amici, ma deve cedere il passo a Leo Gassmann, da X Factor, figlio di Alessandro – che via Twitter fa il tifo: be brave and rock on! – e nipote di Vittorio (e più di uno gli ricorda che porta un cognome “ingombrante”, mentre la rete ipotizza raccomandazioni, ma lui ribatte che «è la musica a vincere»). Gli Eugenio in via di Gioia portano una ventata di allegria e lasciano fuori il bravo Avincola (con un brano sui rider). Eliminati anche Shari e i Reclame.

I CINQUE GIUDICI SENIOR

A decidere i più meritevoli sono televoto, Commissione musicale del festival, giuria demoscopica e giuria televisiva, ovvero i cinque senatori del festival Pippo Baudo, Antonella Clerici, Carlo Conti, Gigi D’Alessio e Piero Chiambretti, alla quale spettava l’ultima parola in caso di parità. E non è mancata qualche stoccata via social, come quella di Enzo Mazza, ceo della FIMI, che in un tweet ha polemicamente sottolineato le differenze d’età tra giudicanti e giudicati. «Date di nascita super giuria #sanremogiovani: 1936, 1956, 1961, 1962, 1967. Artisti in gara secondo regolamento: non aver superato i 36 anni. Ovvero non essere nati dopo 1983. Età media utilizzatori di Spotify: 25 anni, ovvero nati nel 1994». I giudici, tutti veterani del festival, non raccolgono la provocazione, arrivata già nei giorni della loro ufficializzazione. Appuntamento, dunque, al 4 febbraio (e prima anche a Potenza con il Capodanno di Rai1, sempre condotto da Amadeus) con in testa già le canzoni

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I rumors da Sanremo: nel toto giuria spunta la sardina Santori

A 50 giorni dal Festival di tutto si parla fuorché di cantanti. Ospiti, influencer e un giudice "popolare": i nomi che rimbalzano nei corridoi dell'Ariston.

Sarà un caso, ma a 50 giorni dal Festival di Sanremo, e il 70esimo Festival, mica uno qualunque, di tutto si parla fuorché di cantanti; et pour cause, come vedremo tra un attimo. Anzitutto, si parla di ospiti: e Tiziano Ferro, che se no un Festival non è un Festival, e Jovanotti, per un Sanremo più equo e solidale, tanto gli uccelli fratini all’Ariston non fanno il nido, almeno loro, e Rosario Fiorello, che all’Ariston ci ha messo radici, e Roberto Benigni che all’Ariston ci ha messo le tende. Benigni arriverà zompettando su musica pinocchiesca, dirà le due solite amenità ammuffite, zomperà in braccio al Nasone Amadeus, leggerà, male, malissimo, qualche terzina incatenata di Dante e tutti, all’unisono: ah, Benigni, che grosso genio che è lui. Perché il cattoprogressista reazionario Benigni ormai è intoccabile, insindacabile, garantisce Mollica, che del Festival è il corifeo.

UNA INFLUENCER AL FIANCO DI AMADEUS

Poi si parla di vallette, termine sessista, in disuso ma non è colpa nostra, è il Nasone che le concepisce così: preso da megalomania alla geom. Calboni, ne vorrebbe dieci, due per sera, ma tutte gli danno picche, Monica Bellucci gli dà picche, Lady Gaga picche, o è scarso l’appeal del nasone o è scarso l’appeal del gettone (di presenza). A fianco di Amadeus, siccome Sanremo è impagabile nel prendere il peggio del presente, dovrebbe andare una influencer. Tramontata, pare, la stella sanremese di Chiara Ferragni, eclissata quella di Giulia de Lellis, manda bagliori Diletta Leotta, a meno di qualche concorrente dell’ultimo minuto ancor meno adatta al ruolo, che so, una Taylor Mega. Comunque vada sarà un successo, perché nessuna di queste è minimamente in grado di presentare e le gaffe e gli imbarazzi non si conteranno; ed è per questo che sarà un successo, si punta, come è chiaro, sull’inadeguatezza, cosa che, oltre a divertire “il pubblico a casa”, a intasare i social, a scandalizzare, ma neanche tanto, i severi critici stampati, farà risaltare la professionalità del Nasone, secondo la celeberrima legge di Murri, il medico che usava circondarsi di macellai: ne accoppavano a dozzine, ma lui per converso risaltava come eminente scienziato.

UNA SELVA DI CANTANTI RIBOLLITI

E veniamo così al piatto debole, i cantanti. E che? Siamo sempre alla ribollita, alla rifrittura più micidiale: si parla di Elodie, per la serie “kikazè”; di Levante, la indie più mainstream che c’è; Anastasio, che è l’unico solido ma pare già normalizzato; Irene Grandi, altra habitué spietata, Francesco Renga, un anno sì e l’altro pure, e così Arisa, che a quanto pare torna, sospinta dalla Sugar di Caterina Caselli, dopo la partecipazione di appena un anno fa: cantava Mi sento bene ma, essendo costipata, la sera della finale fece una figura imbarazzante. Ma si parla pure di Marco Masini, il più classico dei rieccoli, Enrico Ruggeri, che forse lo supera, Bianca Atzei, che si legge RTL 102,5, Marcella Bella e Riccardo Fogli (stavolta senza Facchinetti), e perfino Paolo Vallesi, di cui non si sentiva la mancanza da 29 anni, e perfino Max Pezzali, quando si dice “non ci libereremo mai degli anni Novanta, Ottanta, e pure dei Settanta, e pure, volendo, dei Sessanta. Al Bano, che a Sanremo partecipava già prima ancora che fosse inventato, ha declinato la gara, “non ho più l’età”, ma non l’ospitata con Romina e qui siamo all’eterno ritorno dell’uguale, all’infinità circolare del tempo.

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Il conduttore Amadeus.

Un altro che lontano dalla Riviera non ci sa stare è Ermal Meta, per non dir di Rocco Hunt, rapper boomerang, da Napoli a Sanremo quasi tutte le edizioni, di Francesca Michielin, la promessa più eterna che c’è, di Chiara Galiazzo, e si torna alla categoria “kikazè”. Altri sugheri che riemergono inesorabili dal mar di Sanremo, e dei quali si fa il nome: Giusy Ferreri la “tormentara”, Samuele Bersani, Noemi, Anna Tatangelo, Alex Britti, Gianluca Grignani. Tra i rapper, Rancore e Tormento, una ventata di positività e gioia di vivere; mormorato anche Michele Bravi, che tornerebbe così alla musica dopo l’annunciato ritiro a seguito del dramma stradale che lo coinvolse. Quindi i solisti rimasti soli: Tommaso Paradiso, che non è più thegiornalista, Francesco Gabbani, che non è più l’erede di Celentano (e quando mai lo è stato?) e nessuno se lo fila già più, secondo profezia Pippobaudesca (“Non dura, questo non dura…”), Francesco Bianconi, dai Baustelle alle fustelle festivaliere, Enrico Nigiotti, che non è più il cocco di Mara Maionchi e, boja dè, torna, forse, sull’Ariston per la seconda volta consecutiva: altro che Nonno Hollywood, questo qui a Sanremo ci stationa, Nonno Ariston.

IL MANUALE CENCELLI DEL FESTIVAL

Ma la vera libidine, come diceva Jerry Calà negli Anni 80, sono gli outsider (maddeché?): Diodato, Gualazzi, la ereditiera di professione Elettra Miura Lamborghini, responsabile dell’epocale singolo Pem Pem, poi i sottokikazè: Fred de Palma, rapperon del reggaeton che ha già rotto i maron, forse in duetto con tale Ana Mena, e sai la menata; Pinguini Tattici Nucleari, perché la quota indie va sempre rispettata (indie de che, li pompa la Sony), Alberto Urso, perché pure sulla quota Maria de Filippi non si scherza, e infine la Quota X Factor, perché a Sanremo si va col vecchio infallibile manuale Cencelli: oltre a un figlio famoso, di cui si dirà tra poco, i nomi che girano sono, purtroppo, quelli di Luna Melis, che il talent di Fremantle ha bruciato come babycantante ma lanciato come babypresentatrice, e di Martina Attili, assai presunta genietta già all’ultima spiaggia sanremese.

Tommaso Paradiso.

Sulla pletoria dei probabili, però, si staglia come un totem lui, l’unico e il solo: Piero Pelù, rockstar stagionata, look da ciucaio di Pinocchio, profeta del vaffanculoooh ante Grillo: Andreotti vaffanculooh, Craxi vaffanculooh, Licio Gelli vaffanculoooh (poi ci finì a Villa Wanda a prendere il tè), Renzi vaffanculoooh, Salvini vaffanculoooh, attualmente in quota grillina. Simpatico, originale, sempre coerente. E va a Sanremo a portare il rock formato mezzo toscano.

Per un Bocellino che non c’è, Matteo, segato o ritirato lui dalle selezioni, un Gassmanino invece c’è, sia pure nel sottoclou dei giovani

Categoria figli di un cognome. Per un Bocellino che non c’è, Matteo, segato o ritirato lui dalle selezioni, un Gassmanino che invece c’è, sia pure nel sottoclou dei giovani: Leo a X Factor non aveva brillato, ma così carino, così educato, così (in)titolato, come fai a dirgli di no? Si toglie anche Brunori sas, che la promozione al nuovo album se la fa altrove. Tutto il cast di Sanremo, condotto da Amadeus, comunque, sotto la direzione artistica di Amadeus, verrà annunciato il 6 gennaio durante I soliti ignoti, presentato da Amadeus, il quale ha appena fatto sapere che il dado è tratto: ha deciso, ha scelto i 22, sempre lui, Amadeus, perché le sinergie sono importanti e Amadeus modestamente è una sinergia umana, sinergia di se stesso, una Matrioska singerica. Tanto la minestra sarà più o meno sempre quella.

METTI UNA SARDINA ALL’ARISTON

In compenso, succose indiscrezioni a livello portineria si sprecano, eccone una dal sen fuggita di uno che sta nel business: «Sai, stiamo valutando se chiamare il capo delle sardine, Mattia Santori, magari infilandolo in extremis nella giuria di qualità: di musica non sa niente, ma effettivamente è molto televisivo. Oh, però mi raccomando, è ancora tutto in forse, dipende anche da come vanno le elezioni in Emilia Romagna [sic!], tu però non scrivere niente, eh!». Io lo scrivo. Perché niente andrà tenuto nascosto al popolo. Aggiungendo, però, che allo stato è solo una pazza idea (o qualcosa di più? Ah, saperlo…). Dulcis in fundo, sembra molto, molto pompata la partecipazione di quest’astro nascente della discografia molto alternativa, oh, un altro “erede di Lucio Battisti” (Dente ci è ormai morto sulle dita mentre scrivevamo, appena ieri, che era l’erede di Lucio Battisti). Ha un nome d’arte vagamente indisponente, tale Fulminacci e, a richiesta se a Sanremo ci va, risponde con decisione: «Sì, no, beh, non lo so, non se n’è parlato, però, chissà, potrebbe anche essere, che ne so». Sardinitas sardinitatum, et omnia sardinitas.

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La Rai curerà da sola la comunicazione di Sanremo

Dopo le polemiche legate all'ipotesi del conflitto di interessi di Giannotti con MN Italia, la tv di Stato decide di curarsi da sola la promozione del Festival.

Dopo le polemiche sui rapporti “incestuosi” con Mn Italia, alla fine Fabrizio Salini avrebbe deciso: niente appalto esterno per la comunicazione del Festival di Sanremo che sarà affidata in toto alla Direzione Comunicazione della Rai.

CONFLITTO DI INTERESSI

La decisione dell’amministratore delegato della tivù pubblica arriva dopo che Striscia la Notizia, Lettera43, e poi la Commissione parlamentare di vigilanza avevano sollevato l’ipotesi di un conflitto di interessi tra MN Italia – la societa’ che si sarebbe dovuta aggiudicare l’appalto (era già partita la richiesta, poi annullata) – e il Direttore della Comunicazione di viale Mazzini Marcello Giannotti – portato in azienda da Salini – e che fino a un anno fa lavorava proprio in MN.

SUL TAVOLO C’ERANO 40 MILA EURO

Un’inversione totale quella di Salini e di Giannotti, che quindi implicitamente conferma l’esistenza del conflitto di interessi tra Giannotti e MN e che contemporaneamente metterebbe in luce anche una gestione non trasparente delle risorse Rai: perché se l’ufficio stampa del festival “ora” può essere “fatto” internamente dalla Comunicazione Rai, una settimana fa l’azienda era pronta a sborsare fino a 40 mila euro per appaltarlo a un esterno?

LA PREOCCUPAZIONE DI GIANNOTTI

Fonti di corridoio vicine alla direzione comunicazione raccontano di un Giannotti chiuso nel suo ufficio a controllare e ricontrollare le mail inviate e ricevute sull’affaire MN, al centro di un altro appalto: quello per il nuovo programma di Fiorello su Raiplay. Un contratto arrivato in corsa per chiamata diretta, anche questo annullato dopo le polemiche.

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